Pubblico

Pubblico

Rimestando in vecchi cassetti ho trovato un mio scritto, l’abbozzo di un racconto che, come tanti, ho volutamente perduto. Si intitola Pubblico e l’ho recuperato in una cartellina insieme ad altri fogli bianchi che avevano atteso invano il suo seguito. L’ho riletto.

Dipinto di Emanuele Paciotti.

Buio in sala, il pubblico attende l’inizio dello spettacolo ma non accade nulla. Improvvisamente dal fondo della platea si sente un grido, poi delle parole dette a bassa voce e dei passi striscianti. Un uomo avanza lentamente dirigendosi verso il palco, è dolorante, ma non chiede aiuto a nessuno, solamente procede diritto verso il sipario chiuso. Tutti pensano ad un’azione scenica e rimangono ad ascoltare il suo incedere lento ma risoluto verso la meta. La sala è buia, si vede quasi niente, i passi si fanno sempre più lenti e infine si sente un tonfo, poi il silenzio.

Il testo si interrompe così. Era sicuramente il resoconto di un sogno e ho cercato di immaginare come poteva proseguire, ma quello che mi colpì maggiormente era la reazione degli spettatori ed ecco la riflessione che ne è nata. Il lavoro degli artisti è stato un progressivo avvicinamento alla vita, il prodotto artistico è divenuto sempre più simile alle cose comuni da arrivare a confondersi con esse. Oggetti quotidiani, manifesti, stracci, rottami e carcasse sono divenuti opere d’arte. L’opera scompare nel flusso quotidiano per essere estratta da esso soltanto da una scelta… da chi? Potremmo rispondere dall’artista, dal critico o da qualcun altro. Io penso che sia arrivato il momento in cui può essere il pubblico a fare questo. Secoli di storia dell’arte hanno insegnato a osservare la bellezza per farne tesoro e ritrovarla poi nella propria vita. Penso alle opere d’arte come a una palestra che ci consente, infine, di scoprire nelle nostre giornate momenti e luoghi da gustare con la stessa intensità di un’opera da Museo. Tanto più sarà profonda è la nostra capacità di apprendere la lezione dei Maestri, quanto più sapremo vivere ogni momento della nostra giornata come un susseguirsi di immagini e scene che assurgono al valore di opere. Dalla colazione del mattino fino a una notte stellata o buia potremmo essere avvolti da capolavori nei quali siamo immersi e che ci sarebbero sfuggiti se non avessimo i sensi allenati per vederli. I pittori, gli scultori e tanti altri continueranno a realizzare opere con le loro capacità ma il processo iniziale, quello per cui qualcosa nella mente si isola dal resto per divenire oggetto d’elezione nel nostro spirito, è lo stesso sia per loro che per tutti quelli che riescono a farlo senza produrre alcun manufatto. L’opera è, esiste, nella mente dell’osservatore che, se è anche artista, ne trarrà ispirazione per un lavoro, se non lo è ne godrà come di un sogno di cui è l’unico spettatore. Cosa è stato il lavoro di tutti i pittori se non quello di stupirci inizialmente con grandi affreschi per poi farci arrivare a osservare l’infinito attraverso il taglio di una tela? Un percorso a togliere, ma anche ad accentuare ed esaltare l’importanza di un dettaglio, di un segno, di una macchia che nessuno avrebbe mai visto o considerato se non ci fosse stato quel percorso lungo secoli. Grazie a loro oggi possiamo, senza pensare di essere pazzi, restare affascinati da un muro vecchio e coperto di macchie, da una carta mossa dal vento, da una pozzanghera. Ogni nostra giornata e nottata potranno essere luoghi di esperienze estetiche straordinarie se facciamo tesoro dell’insegnamento dei Maestri e un giorno, forse, potremo anche scoprire se quell’uomo che si trascinava in mezzo al pubblico per raggiungere il palco era un attore oppure no.

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